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    Ciao a tutti!

    MEDIO
    Adesso 11/2018
    ciao
    © Rebecca Grinham/Shutterstock.com
    Von Renata Beltrami

    Dopo pizza, la parola italiana più celebre al mondo è ciao. Diventata internazionale alla fine degli anni Cinquanta, sulle ali diauf den Schwingen vonsulle ali del famoso il ritornelloRefrainritornello della canzone di Modugno Ciao ciao bambina, ha subireerfahren, erleidensubito le trascrizioni più fantasiose, dall’inglese “Chiow Chiow Bambeena” al tedesco “Tschau Tschau Bambina”, per essere riconosciuta nella sua versione originale definitiva attraverso Ciao, la mascotte dei i Mondiali (pl.) di calcioFußball-WeltmeisterschaftMondiali di calcio di Italia ’90.

    Difficile stabilirebestimmenstabilire l’età esatta del nostro familiare saluto informaleformlosinformale. I linguisti hanno stabilito che derivaresich ableitenderiva dal latino sclavum, variante di slavum. L’abitudine di salutare qualcuno dichiarandosi “suo schiavo” – vedi il bavarese Servus! o il friulano Mandi!, che sta per comandi!diffondersisich verbreitensi diffonde a partire dal 1400. Secondo questa teoria la parola ciao deriverebbe dunque dal veneziano sciavo, “schiavo”. La prima la tracciaSpurtraccia scritta si trova in una lettera del 1818 in cui il il tragediografoDramendichtertragediografo Francesco Benedetti accennareanspielenaccenna alle la gentilezzaLiebenswürdigkeitgentilezze ricevute al Teatro alla Scala: “Questi buoni milanesi cominciano a dirmi: Ciau Benedettin”. A metà l’Ottocento19. JahrhundertOttocento lo ritroviamo come saluto da parte del futuro primo re d’Italia, Vittorio Emanuele II, nelle lettere alla moglie e ai suoi il collaboratoreMitarbeitercollaboratori. Da allora, attraverso i il cantoGesangcanti popolari piemontesi in vogain Modein voga tra le la mondinaReispflückerinmondine nell’Ottocento, arriviamo nel nostro il secoloJahrhundertsecolo al famoso l’innoHymneinno dei partigiani Bella ciao, simbolo in tutto il mondo della Resistenza in Italia.

    Ciao è una parola che va oltre il saluto, evoca connessioni emotive, storia e cultura comune, è simpatica e funziona a tutte le ore

    Per citare altri saluti rimasti nella la memoria collettivakollektives Gedächtnismemoria collettiva, nel film I soliti ignoti (1958), diretto da Mario Monicelli, Gassman saluta l’amico ricoveratostationär aufgenommenricoverato in ospedale con un “Addio, ciao bello”. Qualche anno dopo, nel 1967, la famosa canzone che Luigi Tenco presenta al Festival di Sanremo poche ore prima di suicidarsiSelbstmord begehensuicidarsi si intitola Ciao amore, ciao. Negli stessi anni nasceva il Ciao, il mitico il motorinoMofamotorino della Piaggio, oggetto del desiderio di tanti l’adolescente m./f.Jugendlicher, Jugendlicheadolescenti dell’epoca insieme alla la merendaPausenbrotmerenda con il Ciao Crem (la crema spalmabilestreichfähigspalmabile alla nocciola) e al settimanale illustrato Ciao2001. In tempi più recentejüngerpiù recenti, ciao risuona nelle canzoni di Lucio Dalla e di Tiziano Ferro, rispettivamente Ciao e Per dirti ciao!, per citare solo un paio di titoli.

    Insomma, è una parola che va oltre il saluto, evocareins Gedächtnis zurückrufenevoca connessioni emotivoemotionalemotive, storia e cultura comune, è simpatica e funziona a tutte le ore. A una la condizioneBedingungcondizione: il il rapportoBeziehungrapporto deve essere informale e ci si dà del tu. “Ciao signora” è infatti una nuova cattiva abitudine che non si può sentire, perdonabileverzeihbarperdonabile agli stranieri, ma non agli italiani madrelingua. Se ci si dà del Lei, si usano sempre i classici buongiorno o buonasera, al massimo buonanotte. Un’altra recente variazione per tutte le occasioni è Salve!, un saluto apparentementescheinbarapparentemente non impegnativoverbindlichimpegnativo, che vale sia per il Lei che per il tu, ma che proprio per questo è impersonale, senza carattere e poco calorosoherzlichcaloroso.

    E com’è oggi il saluto dei ragazzi, non solo giovanissimi…? Si accorciareabkürzenaccorcia. Fate caso a quelli che telefonano intorno a voi e sentirete dire: “Be’, raga, io devo andare, cià, cià, ciaà”…

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